Recensione di Milena Carrà

Daniela Bertelli è una pittrice che dipinge dall’età di sedici anni: prima come autodidatta poi come allieva dell’Accademia di Belle Arti che ha voluto apprendere e sperimentare ciò che una scuola in fatto di tecnica e di approfondimento può dare.
Il bisogno di dipingere, di esprimersi in lavoro di immagine è presente in tutta la sua vita quindi, ma è diventato più urgente – come una vera e propria attività di introspezione e liberazione delle emozioni più profonde che attraversano l’animo – quando gli eventi della vita l’hanno costretta a situazioni faticose ed in certo modo drammatiche.
Ciò che immediatamente contraddistingue questa artista è la varietà e la quantità di tecniche impiegate e sperimentate, come tappe obbligate di un percorso di ricerca che di fatto sembra non potersi esaurire.
Si va dal pastello su carta di velluto, alla classica pittura ad olio su tela, al colore strisciato su tela o tavola, all’olio su carta e ancora allo smalto su corteccia di sughero, per approdare all’incisione.
Come si vede è difficile trovare un uso così disinvolto di tante tecniche diverse che si susseguono e a volte si intersecano nel tempo sempre con immutata vitalità.
Anche i soggetti sono di tipologia diversa, in quell’ottica di esplorazione della realtà circostante che non esclude preventivamente alcunché possa essere letto o percepito in una esperienza artistica.
E così i paesaggi, le figure, le immagini si distendono in quadri di dimensioni diverse, che vanno a comprendere anche opere di piccolo e piccolissimo formato e non per questo meno pregnanti e incisive.Infatti una forte esperienza visiva e sensoriale ci restituisce in certi piccolissimi quadri circuiti spaziali in sé compiutamente definiti e risolti.
La presenza del mare e della campagna in molte opere offre un respiro più libero e profondo alla nostra lettura di realtà, ma la percezione soggettiva che parla a noi attraverso le immagini e i colori ci ricorda come ciò che vediamo è sempre frutto della nostra capacità di vedere e sentire, grazie a ciò che abbiamo costruito dentro di noi nel tempo della nostra storia e della nostra vita ed è quindi diventato spessore e filtro al nostro sentire.
Detto questo è importante sottolineare come questa pittura di Daniela Bertelli ci conduca misteriosamente a guardare la realtà – gli infiniti aspetti di realtà ( siano essi persone, paesaggi, oggetti od altro) – come stratificazione di storia e di storie, di un passato che si è sedimentato in noi ed attorno a noi e che dialoga continuamente con i nostri sensi e con la nostra anima.
La tecnica a corteccia di sughero – molto particolare ed originale nei colori a smalto – si presta infinitamente bene a rendere le “screpolature”, ciò che il tempo, l’esperienza, il vissuto modifica nella nostra percezione delle cose che ci circondano.
Le imperfezioni e le scabrosità di questo materiale presentano un effetto di realtà intaccata dal tempo, dal passato, dalla vita stessa che quindi non si presenta mai nel suo possibile ed originario splendore, ma sempre filtrata e accompagnata , ora da alcuni momenti di incanto,più spesso da una pena e consapevolezza che accompagna il nostro vivere quotidiano.

OPERE

Vento d’Africa
La gamma dei colori caldi – l’arancione, il giallo il marrone – ci avvolge:una sensazione di grande fisicità emana da questo paesaggio di sabbia e tocca non solo gli occhi di chi guarda, ma una percezione totalizzante investe e attraversa il nostro corpo creando momenti diversi ma ugualmente intensi di vitalità, di luminosità, e allo stesso tempo di soffocamento, di accesa sensazione di calore, di vento come aria corporea, pesante.

Bardolino
Il porto con le barche dai colori vividi e brillanti (effetto anche della tecnica a smalti), le une allineate alle altre in una sorta di spettacolare reciproca protezione, ricorda a chi conosce bene il lago di Garda per averlo visto di persona, la luce che investe ed amplifica nel colore le emozioni e le sensazioni che quel tipo di veduta offre.
L’effetto di percezione prodotto è qualcosa che nasce non dalla specificità del luogo, ma dall’ottica di chi guarda, dal modo di sentire e di vedere…

Pastrengo
La tecnica a corteccia di sughero consente di riprodurre in questo quadro uno scorcio di campagna veronese nei colori che non sono propriamente quelli naturali legati alle stagioni, ma colori nati dall’interpretazione di una natura sempre mutevole e misteriosa che permea ed è permeata da edifici e costruzioni che posseggono tutto il tempo e la storia dell’uomo. Il colore verde- prevalente nelle sue varie gradazioni – regala il fascino di una visione che appare naturale, ma di fatto è carica di una grande intensità emotiva.

Casolare
La stessa tecnica a corteccia di sughero riproduce la veduta di una casa sgretolata e segnata dal tempo, immersa nella campagna: il senso del tempo che passa è ben presente in questo quadro e crea un dialogo silenzioso ma efficace tra l’edificio (la casa) un giorno forse o tuttora abitato, e la natura che ha una sua vita, e misteriosi ritmi di irripetibile atmosfera.

Milena Colombani Carrà

Verona, 13 Maggio 2008

Recensione di Daniela Coloni

Il bello dell’arte non consiste solo nel culto del bello. Talvolta la forza dell’arte sta nella provocatoria capacità di scuotere ciò che ancora freme e ribolle nella profondità di ciò che siamo al di là degli stereotipi.
Più spesso e in modo meno eclatante l’arte agisce in noi rievocando malinconicamente atmosfere lontane o perdute e ci emoziona con poco, proprio come i paesaggi rustici della Bertelli, che, dipinti sul sughero, assumono tonalità che sanno di antico.
Le increspature naturali del materiale vanno a riprodurre, sotto i colori caldi, i segni del tempo che passa inesorabilmente sulle persone come sulle cose. Le tracce dell’incedere incessante di questo tempo, degli eventi, dei rovesci climatici, dell’avvicendamento tra il passato e il presente, sono visibili sui vetusti muri di case dagli intonaci crepati. Muri che paiono ora abbandonati a loro stessi, ma che invece parlano di storie private, di vissuti personali, di percorsi che procedono nonostante gli anni trascorsi, come quelli dei vecchi abitanti che ci viene spontaneo d’immaginare oltre le finestre. I nostri nonni. Sembrano abbandonati dalle energie giovanili, trascurati da un universo che procede speditamente senza di loro, lasciandoli ormai chiusi in un mondo che sa di dimenticanza, di altri ritmi, di altri valori, di passato. Un mondo che appare sul punto di cedere al declino, ma che invece è soltanto in una fase diversa e più matura della sua esistenza ed ha in sé la forza della saggezza e della serenità e rimanda a sapori familiari che ci scaldano il cuore.
La suggestione del nostro immaginario, avviene attraverso il tocco di corde emotive che riportano sempre la nostra attenzione verso il passato, mai verso un mondo sconosciuto ancora da fantasticare, da inventare, o da conoscere. Ci fa assaporare e rivivere emozioni melanconiche forse, ma mai tristi, sempre piuttosto dolci in effetti.
I volti umani maschili, come quelli del Cristo dipinto su legno, hanno talmente i tratti decisi e marcati da apparire quasi scavati. Incisi sulla materia. Non semplicemente dipinti. Essi assumono un pathos drammatico in cui riecheggia il dolore sofferto e, paradossalmente, anche la stessa serenità offerta dal Cristo che, dopo il martirio e la passione, ha donato la salvezza agli uomini.
I volti di donna, come quello della madonna col bambino, sanno catturare l’attenzione sui loro occhi. Sono volti espressivi, mai piatti, mai freddi come maschere prive d’anima. Sono volti che esprimono umanità con una grande tenerezza peculiarmente materna. Hanno occhi sognanti, che esprimono l’essenza di ogni madre: la capacità di credere nel futuro e nel nuovo che deve ancora manifestarsi appieno, ma che già sa di tenere tra le braccia in boccio.
Anche nel guardare le sue nature morte possiamo sentirci coinvolti fino a capovolgerne il significato, poiché in esse, non c’è nulla di morto. Infatti, osservando i suo “Luci nella tempesta”, possiamo cogliere tutta la forza della vita che si oppone alla violenza delle avverse condizioni del tempo (non solo climatico) che la vorrebbero sconfitta. Eppure i girasoli, metafora di questa vita, resistono. Chinano la testa all’ingiù, sia perché appesantiti dalla pioggia scrosciante, sia per non esporsi eccessivamente alla furia del vento che vuole piegarli, ma rimangono rigidi, ben saldi sui loro robusti steli, pronti a rialzare le “bionde chiome” appena tutto sarà passato, pronti a riaprirsi alla vita con la corolla in festa, fissa a guardare e inseguire il sole. Un quadro intenso, con un soggetto semplice, che tuttavia sa far emergere e portare a coscienza uno stato esistenziale primordiale, la capacità di reagire, o il buon vecchio istinto di sopravvivenza, che ci accomuna tutti nella forza della vita che è in noi.
Questi sono soltanto pochi esempi di quanto la ricerca di materiali alternativi e la sperimentazione tecnica, unite alla sensibilità di questa artista, riescano a cogliere un obiettivo importante, facendo scivolare l’attenzione dal piano delle oggettive valutazioni analitiche, preformate sui clichè che vengono spesso imposti agli artisti nei tempi in cui operano, al piano delle emozioni.
Daniela Bertelli va al cuore, va a ciò che rende l’arte universale al di là dei periodi storici, oltre le tendenze, oltre le scuole, oltre le influenze e le dottrine, oltre la relatività del tempo. Sa, nel suo piccolo, catturare ciò che nel tempo non ha fine e che è il fulcro della natura umana, ovvero, l’esigenza di esprimere se stessa in tutti i modi possibili, purché forieri di libertà espressiva, di sincerità comunicativa e di affermazione esistenziale.

Daniela Coloni – Communication Consulting, Scrittrice